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Cargando... Le Chateau d'Otrante, histoire gothique (1764 original; edición 1981)por Horace Walpole, Paul Eluard (Prólogo), Dominique Corticchiato (Traductor)
Información de la obraEl castillo de Otranto por Horace Walpole (1764)
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El principal personaje de El castillo de Otranto es el castillo mismo, omnipresente durante toda la obra. En él y en una iglesia cercana se desarrolla toda la intriga, protagonizada por el usurpador del principado, Manfredo, para que no se cumpla una profecía que vaticina que será desposeído del castillo y su linaje será castigado. El castillo de Otranto, cuya acción se desarrolla en la Italia medieval, narra la historia del tirano Manfred, cuya estirpe arrastra una maldición desde que su abuelo usurpara el poder del castillo a sus legítimos poseedores. Manfred trata de perpetuar su herencia casando a su débil hijo Conrad con la princesa Isabella, pero poco antes de la boda ocurre un accidente fatal de origen aparentemente mágico que frustra sus designios. A partir de este suceso, se desencadenarán una serie de misteriosos fenómenos sobrenaturales y pasiones encendidas que tendrán como escenario el asfixiante y siniestro decorado del castillo, uno de los principales “personajes” del relato: puertas chirriantes, pasadizos oscuros y criptas secretas hacen su aparición por primera vez. Había nacido la literatura de terror
Ci sono due modi per accostarsi a questa pietra miliare del gotico. Leggerlo e goderne la bellezza, pur dopo 250 anni dalla stesura. Il Castello di Otranto è infatti del 1764 ed è considerato universalmente il capostipite dei romanzi gotici, genere letterario che si è diffuso fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. La trama così, semplicemente a riassumerla, ha dell’assurdo e del raccapricciante: un principe che è anche un usurpatore ed un tiranno in seno alla propria famiglia e al proprio popolo, intrighi che si dipanano uno via l’altro, eroine vergini che difenderanno il proprio onore a costo della vita, mogli troppo acquiescenti e sante, padri e frati che si mescolano, santi, villains, incesti sui generis, fantomatici giganti, apparizioni e prodigi di ogni sorta. Del resto, “verso la metà del XVIII secolo, Gotick (come spesso veniva scritto nell’inglese settecentesco), non era più un generico sinonimo di teutonico o germanico, ma significava semplicemente medievale – quindi un termine da poter usare in contrapposizione a classico – da associarsi quindi a eccessivo, pittoresco, romantico”. A volerlo riassumere, il romanzo narra della vita di un principe, il cui avo ha usurpato il trono di Otranto, che in attesa che l’erede maschio sposi la figlia del principe di Vicenza, attende con timore l’avverarsi della profezia che vagheggia della perdita del reame usurpato quando l’usurpatore stesso sarà diventato troppo grande per regnare ed al contempo perderà l’erede maschio. Quindi, seppur giovane, l’unico figlio maschio, secondogenito rispetto alla bellissima sorella Matilda, verrà immolato dal padre, per assicurare la dinastia. Ma proprio il giorno del matrimonio, questo povero giovane imberbe morirà, schiacciato da un elmo gigantesco. Il principe Manfredi allora, in preda a pruderie e a visioni catastrofiche sul suo regno in pericolo, tenta in ogni modo di impossessarsi di Isabella, la giovane principessa, promessa sposa di suo figlio. La quale, essendo orfana di madre ed avendo trovato nella principessa Ippolita, moglie del principe di Otranto, un surrogato di madre, fugge dinanzi al vecchio satiro e si rifugia nel vicino convento. Nel frattempo un villain che tenta di spiegare la presenza del gigantesco elmo e cerca poi di aiutare la dolce e virginale giovane Isabella a fuggire, viene incarcerato dall’oramai incontenibile Manfredi, che minaccia perfino di togliergli la vita. Da qui in poi è un carosello in crescendo di riconoscimento tra pii frati e villain che discendono da antiche casate nobiliari, con servitù che continua ad avvistare nel castello pezzi del gigantesco essere che sembra essersi materializzato per portare a conclusione l’antica profezia. In queste fosche e complicate circostanze, nelle quali il principe di Otranto è sempre più deciso a perseguire i suoi pruriginosi propositi con la giovane ed indifesa innocente, tanto da voler divorziare dalla integerrima e dolce moglie Ippolita, con la scusa che non potrà mai dargli un altro erede maschio, ecco comparire all’orizzonte anche un misterioso cavaliere con tutto il suo seguito, che arriva alle porte del Castello di Otranto per rivendicare il suo legittimo trono. Nel frattempo la figlia del principe di Otranto, la bella Matilda, di cui il padre si è sempre disinteressato in quanto femmina, incontra del tutto casualmente il giovane villain che si è scoperto essere in realtà il vero pretendente al trono di Otranto. Non proseguiremo in questa ribalda cavalcata per non anticipare al lettore chi vivrà e chi morrà, chi sarà il vero principe di Otranto, chi è il gigante venuto a sistemare la questione della successione al trono e che fine faranno le tre protagoniste femminili di questa anche esilarante – da un certo punto di vista – suggestiva commedia drammatica. Parlavamo di due modi di leggere questo incredibile romanzo pittoresco, che scomoda finanche il sommo bardo. Essere curiosi. Leggere le prefazioni alle due edizioni e frugare tra le notizie perché in questo romanzo dove anche la dualità è fondamentale, ci sono simbologie che a conoscerle in anticipo, rendono ancora più godibile la lettura di questo romanzo. Innanzitutto la scelta di Walpole, nella prima edizione – escamotage del resto già utilizzato – di presentare il testo come la traduzione di un manoscritto stampato a Napoli nel 1529 e ritrovato poi nella biblioteca di un’antica dimora del nord dell’Inghilterra. Nella seconda edizione, d’altronde, visto il consenso del pubblico, Walpole svela la paternità dell’opera e rende necessaria da parte dell’autore una spiegazione sul perché e da quale humus egli l’abbia composta. Ma mentre con la prima stesura, il romanzo era stato inserito nel filone del romanzo medievale, una volta scoperte le carte da parte di Walpole, gli stessi critici ed una parte del pubblico ribaltarono il proprio gradimento dell’opera, dichiarandola, o meglio, riducendola ad una semplice prosa romantica, troppo assurda e rocambolesca. Per sua stessa ammissione, Walpole aveva cercato di scrivere ciò che doveva essere il trait d’union tra il novel e il romance, visto anche l’acceso dibattito del tempo su cosa dovesse essere la letteratura. Se cioè i romanzi dovessero essere o meno rappresentativi della vita o più puramente immaginari (naturale contro romantico). Sia quel che sia, Walpole con il suo Il Castello d’Otranto delineò e fissò ciò che da qual momento in poi divennero caratteristiche comuni per i romanzi gotici e di cui abbiamo già accennato poc’anzi: il castello con annessa foresta, finanche grotte, abbazie o santuari, il vile tiranno persecutore, la vergine perseguitata e l’eroe integerrimo, in un ambiente fosco e abitato da oscure presenze. Per concludere, una commistione tra ricerca e lettura del romanzo, come di consueto, risulterà essere la più confacente a questo romanzo che, per proseguire sul concetto di dualità, si diletta fra bianco e nero, tra buono e cattivo, tra principe e villain, tra virginale e depravato, tra santo e demoniaco, quasi a ricalcare la tragedia comica o la tragica commedia che Shakespeare, ammirato grandemente da Walpole, ha lasciato ai posteri. A cura di Marina Morassut Pertenece a las series editorialesBUR: L [Rizzoli] (487) — 7 más Contenido enThree Gothic Novels: The Castle of Otranto; Vathek; The Vampyre; and a Fragment of a Novel por Horace Walpole Tiene la adaptaciónInspiradoTiene como estudio aListas de sobresalientes
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Google Books — Cargando... GénerosSistema Decimal Melvil (DDC)823.6Literature English English fiction Later 18th century 1745-1800Clasificación de la Biblioteca del CongresoValoraciónPromedio:
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