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Now the Green Blade Rises: Poems

por Elizabeth Spires

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Opening with a powerful sequence of poems about her mother's death, Elizabeth Spires writes about the life-and-death matters of midlife: the separation of parent from child, the loss of family and friends, the evolving nature of our closest friendships. These poems find hope in the seasonal and spiritual moment when "the green blade rises."… (más)
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Nella posta di qualche giorno fa ho ricevuto questa poesia sull'autunno intitolata "In Cielo è sempre Autunno". Un titolo davvero strano per una poesia, scritta da una poetessa americana vivente di cui non avevo mai sentito parlare: Elizabeth Spires. Ad una prima lettura ho capito subito che quei versi hanno qualcosa di trascendentale. Come l'ha questa stagione autunnale che è un vero e proprio spartiacque temporale, una terra di confine tra la vita e la morte. Già, perché l'autunno segna solo in apparenza la fine della vita nella natura che spegne il suo soffio vitale sul creato. Lo spegne per poi riaccenderlo in maniera diversa sia per chi resta che per chi se ne va. Per Elizabeth Spires l'autunno è come "heaven", "Cielo", anticamera del Paradiso, uno spazio rigenerante e purificativo di una condizione umana che va vista come trasformazione.

La domanda è: ci possono essere momenti nella vita di ognuno di noi quando si avverte una presenza spirituale, qualcosa di ultra terreno, in un certo qual modo quasi "divina"? L'autunno è certamente uno di questi momenti. In questa stagione si comprende di più, e forse meglio, il senso dell'esistenza. Una presenza spirituale che può prendere anche il nome di "creatore", qualunque possa essere il significato che diamo a questo termine. Il grande poeta metafisico inglese del seicento John Donne ebbe a dire in uno dei suoi famosi sermoni: "Dio non fa distinzioni tra le stagioni della sua grazia: in paradiso, i frutti erano maturi sin dal principio, e in cielo è sempre autunno, le sue grazie sono sempre pronte a maturare".

La poetessa americana Elizabeth Spires ha usato la citazione di John Donne in testa a questa sua poesia per confermare questa intuizione che fa dell'autunno un mese privilegiato, contrariamente a quello che si crede e a quanto molti altri poeti e scrittori di tutti i tempi hanno detto di questa stagione, considerata triste, malinconica e mortale: la stagione dei morti. Leggetevi la poesia che ho liberamente tradotto e poi ne parleremo, se volete commentando questo post. Eccola nella sua integralità la citazione di John Donne: "God hath made no decree to distinguish the seasons of his mercies; in Paradise, the fruits were ripe the first minute, and in heaven it is always autumn, his mercies are ever in their maturity."

Elizabeth Spires
“In Heaven It Is Always Autumn”
- John Donne

In heaven it is always autumn. The leaves are always near
to falling there but never fall, and pairs of souls out walking
heaven's path no longer feel the weight of years upon them.
Safe in heaven's calm, they take each other's arm,
the light shining through them, all joy and terror gone.

In cielo è sempre autunno. Le foglie sono sempre pronte
a cadere là ma non cadono mai, e le coppie di anime in cammino
sui sentieri del cielo non avvertono il peso degli anni.
Sicure, nella calma del cielo, si prendono sotto braccio,
alla luce che le illumina, gioiose e libere dalla paura.

But we are far from heaven here, in a garden ragged and unkept
as Eden would be with the walls knocked down, the paths littered
with the unswept leaves of many years, bright keepsakes
for children of the Fall. The light is gold, the sun pulling
the long shadow soul out of each thing, disclosing an outcome.

Ma noi siamo qui lontani dal cielo, in un giardino incolto e selvaggio
come sarebbe l'Eden con mura abbattute, sentieri selvaggi
ricoperti di foglie secche di anni, ricordi lucidi
per bambini della Caduta. La luce è dorata, il sole getta
la lunga ombra dell'anima su ogni cosa e provoca conseguenze.

The last roses of the year nod their frail heads,
like listeners listening to all that's said, to ask,
What brought us here? What seed? What rain? What light?
What forced us upward through dark earth? What made us bloom?
What wind shall take us soon, sweeping the garden bare?

Le ultime rose dell'anno piegano la loro fragile testa
come ascoltatrici che odono tutto ciò che è stato detto
per chiedere: cosa ci ha portato qui? Quale seme?
Quale pioggia? Quale luce? Cosa ci ha spinto nella terra oscura?
Cosa ci fece fiorire? Quale vento dovrà presto portarci via dal giardino?

Their voiceless voices hang there, as ours might,
if we were roses, too. Their beds are blanketed with leaves,
tended by an absent gardener whose life is elsewhere.
It is the last of many last days. Is it enough?
To rest in this moment? To turn our faces to the sun?

Le voci senza voce si sentono come potrebbero udirsi
le nostre, se fossimo rose. Le loro teste prive di foglie,
curate da un giardineiere assente la cui vita è altrove.
E' l'ultimo di molti giorni rimasti. E' abbastanza?
Fermarsi ora? Voltare la faccia verso il sole?

To watch the lineaments of a world passing?
To feel the metal of a black iron chair, cool and eternal,
press against our skin? To apprehend a chill as clouds
pass overhead, turning us to shivering shade and shadow?
And then to be restored, small miracle, the sun shining brightly as before?

Guardare i lineamenti di un mondo che scompare?
Sentire il metallo di una nera sedia d'acciaio, fredda ed eterna,
premere contro la nostra pelle? Vedere passare addosso nuvole alte,
che ci fanno ombre e fantasmi tremanti?
E poi essere trasformati, piccolo miracolo, il sole che brilla come prima?

We go on, you leading the way, a figure
leaning on a cane that leaves its mark on the earth.
My friend, you have led me farther than I have ever been.
To a garden in autumn. To a heaven of impermanence
where the final falling off is slow, a slow and radiant happening.

Andiamo avanti, tu ci guidi, curvo
su di un bastone che lascia il segno sul terreno.
Amico mio, mi hai condotto più lontano di quanto io sia mai stato.
In un giardino, in autunno. In un cielo di transitorietà
dove la caduta finale è lenta, un lento e radioso accadimento.

The light is gold. And while we're here, I think it must be heaven.
La luce è dorata. E mentre siamo qui, io penso che debba essere il cielo.

- Elizabeth Spires from: Now the Green Blade Rises ( )
  AntonioGallo | Nov 2, 2017 |
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Referencias a esta obra en fuentes externas.

Wikipedia en inglés (1)

Opening with a powerful sequence of poems about her mother's death, Elizabeth Spires writes about the life-and-death matters of midlife: the separation of parent from child, the loss of family and friends, the evolving nature of our closest friendships. These poems find hope in the seasonal and spiritual moment when "the green blade rises."

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