“s’inebriarono come due malati senza speranza, si smarrirono in carezze che trascesero e diventarono affanno e tumulto e alla fine solo singhiozzi…”

Ma che peperino Thomas Mann, e certo che mi stavo proprio perdendo qualcosa a non leggerlo, pare che i romanzoni, quelli chilometrici, siano tutti capolavori, ma nei racconti, corti o lunghi che siano, si è proprio sbizzarrito, o sarà che, casualmente, stanno capitando tutti a me.
Dopo la retorica antitaliana di “Mario e il mago” e il dubbio amore spassionato de “La morte a Venezia” ecco la chicca di un amore incestuoso tra fratelli gemelli, tutt’altro che platonico, nel racconto “Sangue velsungo”.
Raccontino che qualche problema lo creò anche a lui già da subito costringendolo a un ritiro frettoloso dalle stampe. Pare che al di là delle varie imputazioni di antisemitismo e della pesante ironia adoperata per attaccare un certo tipo di borghesia tedesca, l’accusa, anche comica se vogliamo, sia stata quella di essersi ispirato alla famiglia della moglie in tutto e per tutto, compresi i particolari più scabrosi, inutile dire che essendo un letterato di prim’ordine e già famoso per le altre sue opere seppe giustificare e riparare il tutto arrivando dopo anni a ripubblicare il racconto, ma… con il finale modificato perché quello originale era troppo irrisorio del soggetto in questione.
Insomma, qualche scheletrucccio nell’armadio ce l’aveva pure lui, ma niente di grave, sono cose che succedono, tra un capolavoro e l’altro… ( )