“La fine migliore della vita si è quando è la natura stessa che l’ha creata a disfare la propria opera, mentre l’intelligenza è ancora integra e i sentimenti attivi”; in questa frase detta da Solone a Pisistrato c’è la sintesi di questo breve ma intenso omaggio di Cicerone alla vecchiaia; senectudo, l’ultima fase della vita, quella dei bilanci, ma anche dei malanni, dei rimpianti, della solitudine, dell’assenza di passioni. Ma proprio questi elementi sono quelli che vengono esaltati da Cicerone nella vecchiaia. Il senso della vita è nella completezza delle sue stagioni ed ognuna è essenziale per dare un significato alla stessa esistenza. Questo saggio si sviluppa sotto forma di dialogo tra Catone il maggiore e due giovani, Lelio e Scipione. Come al solito l’assenza del testo in latino a fronte fa perdere nella freschezza della lettura, anche se ho sempre maggiori difficoltà a leggere il latino. Anche se è una di quelle classiche attività che potrei riprendere nella vecchiaia, un modo per dare un senso alla vita. ( )