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How to Fail

por Elizabeth Day

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Inspired by her hugely popular podcast, How To Fail is Elizabeth Day's brilliantly funny, painfully honest and insightful celebration of things going wrong. This is a book for anyone who has ever failed. Which means it's a book for everyone. If I have learned one thing from this shockingly beautiful venture called life, it is this: failure has taught me lessons I would never otherwise have understood. I have evolved more as a result of things going wrong than when everything seemed to be going right. Out of crisis has come clarity, and sometimes even catharsis. Part memoir, part manifesto, and including chapters on dating, work, sport, babies, families, anger and friendship, it is based on the simple premise that understanding why we fail ultimately makes us stronger. It's a book about learning from our mistakes and about not being afraid.   Uplifting, inspiring and rich in stories from Elizabeth's own life, How to Fail reveals that failure is not what defines us; rather it is how we respond to it that shapes us as individuals.   Because learning how to fail is actually learning how to succeed better. And everyone needs a bit of that.… (más)
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I started reading eagerly interested in learning something about failing. The text is all in a very personal key and you will not get general knowledge rather a sense of familiarity to failure in the author’s life and her interviewees. I found the whole insufferable, boring, mostly obvious, and overly concerned in a personal key to viewing failure that I am not sure could help others, I found it hard to relate to in any case...

If I had paid attention it was reviewed for 5 stara or something like that from Grazia magazine, something I have never looked at but that I don’t like just on the basis of the engracing name. ( )
  yates9 | Feb 28, 2024 |
Non posso certo definirmi uno specialista ma una certa esperienza di fallimenti mi pare di averla acquisita nel tempo. Così, quando ho visto nella vetrina della libreria Fontana di Torino, una donna in soprabito verde precipitare nel vuoto sopra al titolo del libro di Elizabeth Day, ho sentito un irresistibile impulso e sono entrato: quel libro dovevo leggerlo.

Ammetto il mio scetticismo nei confronti di saggi che pretendono di spiegarti come fare a conquistare quella felicità che hai sempre inseguito e non sei mai riuscito a raggiungere. Così come provo sempre un po’ di sfiducia di fronte a saggi che non dimostrano un approccio scientifico e non hanno neppure uno straccetto di bibliografia. Però… se avete amato Alain De Botton o alcuni scritti di Pennac o, ancora, alcune pagine di Proust, allora conoscete il modo che alcuni scrittori hanno di presentare le loro riflessioni su aspetti della vita, riflessioni che nascono da un riesame delle proprie o altrui esperienze e che si concludono con insegnamenti profondi, insegnamenti che è difficile trovare in saggi rigorosamente scientifici. E io volevo imparare qualcosa, proprio sui fallimenti e volevo ascoltare quanto quel libro avesse da dirmi.

Elizabeth Day qualcosa da dire c’è l’ha e lo dice con l’abilità di uno scrittore: riflette sui propri fallimenti, e su quelli raccontati da altre persone che ha intervistato, per ricavarne degli insegnamenti e uscirne migliorata. Certo, si tratta solo di un breve saggio che non vuole porsi come un faro a illuminare le tenebre del dolore che segue a un qualsiasi fallimento. Ma qualcosa di significativo lo dice: ogni fallimento ci insegna qualcosa di noi, ci insegna a essere un po’ di più “noi stessi”.
Devo ammettere di essermi un po’ stupito di non trovare mai nel libro il concetto di antifragilità proposto da Nassim Nicholas Taleb. I punti in comune tra la riflessione dell’autrice e di Taleb mi sembrano molti e, in fondo, un sistema antifragile è proprio un sistema capace di riemergere migliorato da un evento avverso o da un fallimento.
Esattamente ciò che l’autrice propone. Ma non mi sembra che questo sia un difetto del libro, anzi, mi sembra una conferma della ragionevolezza dell’approccio proposto contemporaneamente da almeno due voci apparentemente lontane.

Tra tutti gli argomenti toccati dall’autrice ne scelgo uno solo che mi ha maggiormente colpito (complice la mia formazione matematica): si tratta di un paio di pagine dedicate alla equazione della felicità proposta da Mo Gawdat.

😊 Felicità = Percezione che abbiamo degli eventi – Aspettative.

Mi ci ritrovo pienamente. Ho ricevuto una formazione che era costantemente costellata da aspettative molto elevate ed ovviamente ho percepito sempre il risultato come molto al di sotto di quelle aspettative. Ecco allora finalmente spiegata la sensazione di incapacità a raggiungere la felicità desiderata che mi ha spesso perseguitato e che mi ha fatto vivere sovente gli eventi della mia vita come fallimenti determinati da una incapacità che probabilmente non esiste e che forse è determinata soltanto da una scarsa conoscenza di ciò che realmente sono.
  claudio.marchisio | Nov 23, 2021 |
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