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Power of Reading: From Socrates to Twitter

por Frank Furedi

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Eminent cultural and social historian Frank Furedi presents an eclectic and entirely original history of reading. The very act of reading and the choice of reading material endow individuals with an identity that possesses great symbolic significance. In ancient Rome, Cicero was busy drawing up a hierarchy of different types of readers. Since that time, people have been divided into a variety of categories--literates and illiterates, intensive and extensive readers, orvulgoand discreet readers. In the 19th century, accomplished readers were praised as "men of letters," while their moral opposites were described as "unlettered." Today, distinctions are made between cultural and instrumental readers and scorn is directed toward the infamous "tabloid reader." Power of Reading explores the changing meanings attributed to the act of reading. Although it has a historical perspective, the book's focus is very much on the culture of reading that prevails in the 21st century. It is a fascinating insight into understanding the post-Gutenberg debates about literacy in a multimedia environment with such a strong emphasis on the absorption of information. Taking a cue from George Steiner, Furedi argues vigorously for the restoration of the art of reading--every bit as important as the art of writing.… (más)
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A book about the history and other aspects of reading. With chapters devoted to the culture of reading, searching for meaning, the health aspects of reading, and more, there are more than enough topics to interest anyone who takes the practice of reading seriously. Overall it is a fascinating dive into the how and why of reading. ( )
  jwhenderson | May 12, 2022 |
Anche i libri possono essere pericolosi. Come del resto tutto ciò che gli uomini riescono a creare. Non tutti, forse, saranno d'accordo con questa affermazione, specialmente i "libromani" o "bibliomani". Ma anche i libri possono essere velenosi, contagiosi ed esplosivi. Non lo dico io, ma lo si può leggere nella storia del libro e delle letterature del mondo di tutti i tempi.

Lo conferma uno studioso inglese che di recente ha pubblicato un interessante libro intitolato "Il potere della lettura". Perché di questo si tratta, di vero e proprio "potere" che la lettura esercita sul lettore.

Frank Furedi è un sociologo britannico, professore emerito di sociologia all'università del Kent, ha pubblicato un libro sul potere della lettura, partendo da Socrate fino ad arrivare niente di meno che a Twitter. Ho letto il libro in formato ebook e l'ho trovato molto stimolante.

Egli sostiene che un gran numero di studenti in diverse università del pianeta trovano che la lettura di molti libri è piuttosto deprimente, anche drammatica tanto da condurre chi legge addirittura al suicidio. Senza scomodare il più fatale di questi libri, quale quello scritto da Adolf Hitler, egli fa questa affermazione citando alcuni libri come quelli, ad esempio, della scrittrice inglese Virginia Woolf, dell'americano F. Scott Fitzgerald per i ibri moderni. Io aggiungerei anche alcuni contemporanei quali "Versi Satanici" di Salman Rushdie, "Il cimitero di Praga" di Umberto Eco, e "Particelle elementari" di Michel Houllebecq.

Ma Furedi va anche oltre e risale addirittura alle "Metamorfosi" di Ovidio. Per quanto mi riguarda, mi sovviene anche il ricordo della realtà letteraria italiana vissuta ai miei tempi a scuola con la poetica e il pessimismo di Foscolo e Leopardi. Opere, capolavori sì, ma pieni di pessimismo e insicurezze, colmi di vulnerabilità per giovani spiriti indifesi. Ci si pone la domanda a questo punto se chi è addetto alla formazione dei giovani che affrontano le difficoltà della vita, abbiano bisogno di certezze e sicurezze, libri di questo genere siano adatti ed opportuni.

Tutti ricordiamo il paternalismo etico degli antichi greci, Socrate innanzi tutto, il quale ebbe a scrivere che gran parte delle persone che leggeva, o era in grado di leggere ai suoi tempi, sapessero affrontare da soli la lettura di un testo scritto. Sostenne, addirittura, che, di fronte alla parola scritta, il lettore poteva confondersi, essere disorientato e doveva essere guidato da qualcuno che ne sapeva di più. Nel dialogo di Platone, il "Fedro", scritto nel 360 avanti Cristo, Socrate si scaglia contro la parola scritta. Egli ritiene che questa abilità indebolisce la memoria dell'individuo, lo rimuove dalla responsabilità del ricordare. Egli usa la parola "pharmakon" - "droga" - e la riferisce alla scrittura, sostenendo il paradosso che la lettura, invece di curare, può addirittura essere una droga. Il testo come sostanza tossica "ante litteram!".

Molti condivisero il parere di Socrate, come Menandro, il quale sostenne che la lettura nelle donne indeboliva le loro già deboli ed influenzabili menti. Proseguendo il cammino della lettura nel corso dei secoli troviamo Seneca, il quale, nel 65 dopo Cristo, scrisse che la lettura di molti libri provoca distrazione lasciando il lettore disorientato e debole. Per lui contavano non tanto i contenuti di un testo quanto gli effetti psicologici della lettura stessa sul lettore. Questa idea della vanità e pericolosità del troppo leggere la troviamo anche nella conclusione di quel grande libro che è l'Ecclesiaste. In esso Qohelet mette in guardia contro i troppi libri del tempo. Oltre duemila anni fa!

Nel Medio Evo il pericolo della lettura divenne un tema ricorrente nella demonologia cristiana. La Chiesa era solita ritenere che quei libri che erano contro la dottrina della chiesa fossero sostanze velenose che potevano avere conseguenze distruttive sia sul corpo che sulla mente di chi leggeva. La lettura, per questa ragione, doveva essere "guidata", altrimenti si sarebbe caduti in "eresia". Libri di questo tipo andavano bruciati, magari insieme a chi li aveva scritti!

La lettura nel corso del tempo diventò sempre di più un mezzo che poteva influenzare, condizionare e contaminare i lettori. Famosa la denuncia di Tommaso Moro, già Cancelliere del Re d'Inghilterra, oggi santo della Chiesa cattolica, il quale si oppose violentemente al teologo protestante William Tyndale (1494-1536) per la pubblicazione dei suoi libri ritenuti una lettura carica di "pestilenza contagiosa", testi che potevano contagiare anche il corpo, oltre lo spirito.

Con l'invenzione del genere letterario che chiamiamo "romanzo" in epoca moderna, i rischi che la lettura diventasse una occasione di preoccupazione per la stabilità della abitudini si consolidarono. Chi era contro il nuovo tipo di lettura, il "racconto-romanzo", insiste nel ritenere che il genere avesse un effetto perverso con la realta' e rendesse più vulnerabile chi legge.

Il saggista inglese Samuel Johnson affermò che il realismo del romanzo, in particolare per i suoi aspetti riguardanti la vita di ogni giorno, poteva avere conseguenze imprevedibili e pericolose. Egli sostenne che scrivere in quell'epoca, (siamo verso la metà del settecento), l'attenta osservazione della vita di ogni giorno era più pericolosa delle storie, le cosiddette narrazioni "eroiche". Il motivo era da ritrovarsi nel fatto che questa caratteristica del romanzo poteva influenzare il lettore. La letteratura realistica aveva una influenza negativa sui giovani i quali si sarebbero venuti a trovare senza una guida morale. La narrativa romantica, secondo lui, mescolava il bene e il male, senza dare certezza nelle indicazioni e nelle scelte da fare.

Jean Jaques Rousseau nel suo romanzo "Julie" (1761) scrisse che quando le donne iniziano a leggere un romanzo di qualsiasi tipo, basta una sola pagina e quella donna è una donna "caduta". In un numero della rivista "The Lady's Magazine" nel 1780 in un articolo si scriveva che i romanzi sono potentissime macchine che si mettono in moto per sedurre il cuore delle donne. I libri ai quali la rivista si riferiva erano i "best seller" di allora, quali ad esempio quelli scritti da Samuel Richardson "Pamela", nel quale si narra di una ragazzina di 15 anni che resiste a seduzione e violenza ma si guadagna poi il matrimonio. Che letture di questo genere abbiano ancora oggi un pubblico femminile è cosa certa. Il "medium" libro, affiancato dal "medium" televisivo, continuano a condizionare gran parte delle scelte femminili, anche se le cose, al giorno d'oggi, hanno preso un indirizzo diverso, per fortuna (o per sfortuna?).

I romanzi nel 18 secolo erano il centro della paura morale, criticati sia per i contenuti che per la loro diffusione. Si parlava apertamente di "epidemia di lettura", ovvero una "reading mania" che devastava sia la cultura che la comunicazione, oltre alla convivenza sociale. L'idea che la lettura di massa potesse essere una malattia grave e contagiosa è stata spesso associata al fatto che queste letture potessero dare vita a comportamenti distruttivi, come è il caso del capolavoro di Johann Wolfang von Goethe "I dolori del giovane Werther" (1774), la storia di un amore che può condurre all'autodistruzione. Il libro è stato accusato di avere provocato nel corso degli anni molti casi di suicidio.

Una delle conseguenze della diffusione della lettura di massa nel diciannovesimo secolo fu anche il diffondersi di ammonimenti, sia da un punto di vista medico che morale, circa il diffondersi di questa letteratura che stava diventando sempre più popolare. Nel 1851 il filosofo Arthur Schopenhauer scrisse che i cattivi libri distruggono la mente. Egli si riferiva alla grande fioritura di romanzi popolari la cui diffusione veniva associata all'abbassamento dei gusti degli strati sociali inferiori. Si pensi al successo di un romanzo diventato poi famoso come "Madame Bovary" di Flaubert (1856).

I moralisti della lettura ancora oggi continuano a fare sentire la loro voce. Pensiamo ai tanti, innumerevoli critici i quali sui giornali, nelle riviste, in rete e nei "talk show" alla radio o in TV pontificano e vivono di pontificati emessi da loro stessi. Nonostante questo il pubblico che decide di leggere, allora come oggi, continua a fare le sue scelte indipendentemente da quello che si tenta di imporgli, sia da parte dei critici che degli editori.

Chi ama la lettura, continua a leggere oggi sospinto anche dallo scorrere inarrestabile e continuo della comunicazione moderna che non si manifesta più soltanto per mezzo della carta stampata ma in tutti gli altri mezzi che oggi abbiamo a nostra disposizione. Sempre vivo è il desiderio di intraprendere un viaggio fatto di parole, oggi stimolato, proposto, realizzato e trasmesso anche in immagini, suoni e funzioni. Il mercato di massa dell'epoca vittoriana inglese continua in tutti gli altri mercati che sono diventati globali e intercomunicanti.

La lettura continua ad avere ed essere un "potere", sia per chi la genera dalla scrittura, ("scrivo quindi leggo"), sia in chi ne usufruisce come lettore (leggo quindi sono). Prova ne sia che sia Socrate che Twitter esercitano un "potere" che nè il primo nè il secondo si sarebbero mai aspettati di avere. Socrate avversava la parola scritta perchè intendeva difendere sia la parola orale che la sua memoria, Twitter registra e trasmette sia l'una che l'altra. Tutte e due le cose in nome del "potere" che diventa "sapere". ( )
  AntonioGallo | Nov 2, 2017 |
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