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Fabio Mini

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L'apparato di 186 668 soldati delle forze armate italiane non serve più alla difesa della patria. Non c'è un solo soldato a guardare le frontiere e non si sa neppure da chi venga la vera minaccia. Il problema della sicurezza è planetario, per affrontarlo dovremmo integrare le forze almeno in Europa e avere una nostra politica. Lo stesso senso della guerra è cambiato. Si combatte per i cicli produttivi: in tutto il globo e senza fine. Gli eserciti ne escono trasformati. Ai soldati di levi si affiancano i professionisti, ai militari i civili; mercenari e contractors. Un testimone d'eccezione, interno alla macchina militare, ci restituisce il quadro mutato dei nuovi professionisti della sicurezza: che quando cadono commuovono, al più spaventano, quasi sempre appaiono impotenti.… (más)
 
Denunciada
BiblioLorenzoLodi | 3 reseñas más. | Mar 29, 2017 |
«L’America fino a non molto tempo fa si dichiarava una democrazia e lo era veramente. La stessa lotta anticomunista e tutta la guerra fredda erano una lotta anti-imperiale. Tuttavia è stata proprio l’ideologizzazione di tale lotta a far avvicinare gli Usa più al modello imperiale che alla democrazia». Sono alcune righe dall’introduzione, intitolata “Voglia d’impero”. «La guerra contro il regime dei talebani in Afghanistan è stata ufficialmente dichiarata conclusa e militarmente vinta. Il bilancio tuttavia non è definitivo perché in altra forma e nel contesto della ricostruzione post-bellica la guerra in realtà continua. Ma anche se si volesse continuare a considerare la vittoria soltanto militare ci sarebbero dei problemi». Chi scrive è lo stesso che, nel novembre 2001, aveva affermato su Limes che «la guerra al terrorismo in Afghanistan e altrove è giusta e doverosa».
All’epoca Fabio Mini era capo di stato maggiore di Afsouth, il comando Forze alleate del Sud Europa, e il suo curriculum è ricco, non solo di incarichi militari ma anche di preparazione universitaria e di titoli pubblicati. È forse un “pentito”? Non corriamo, da un tenente generale in piena attività non ci aspettiamo dichiarazioni gandhiane, ma gli vanno riconosciuti una grande libertà di spirito, un bagaglio di conoscenze teoriche e sul campo (non solo militare) non comune, una capacità di esposizione diretta e che provoca la riflessione. Un libro da leggere. Così l’ha commentato il foglio quotidiano telematico La nonviolenza è in cammino: «Gli amici della nonviolenza hanno molto da imparare da un libro come questo (e molto da rammaricarsi per lo stato solitamente penoso e cialtrone della pubblicistica pacifista)».
… (más)
 
Denunciada
Pier-Maria | 3 reseñas más. | Sep 20, 2015 |
«L’America fino a non molto tempo fa si dichiarava una democrazia e lo era veramente. La stessa lotta anticomunista e tutta la guerra fredda erano una lotta anti-imperiale. Tuttavia è stata proprio l’ideologizzazione di tale lotta a far avvicinare gli Usa più al modello imperiale che alla democrazia». Sono alcune righe dall’introduzione, intitolata “Voglia d’impero”. «La guerra contro il regime dei talebani in Afghanistan è stata ufficialmente dichiarata conclusa e militarmente vinta. Il bilancio tuttavia non è definitivo perché in altra forma e nel contesto della ricostruzione post-bellica la guerra in realtà continua. Ma anche se si volesse continuare a considerare la vittoria soltanto militare ci sarebbero dei problemi». Chi scrive è lo stesso che, nel novembre 2001, aveva affermato su Limes che «la guerra al terrorismo in Afghanistan e altrove è giusta e doverosa».
All’epoca Fabio Mini era capo di stato maggiore di Afsouth, il comando Forze alleate del Sud Europa, e il suo curriculum è ricco, non solo di incarichi militari ma anche di preparazione universitaria e di titoli pubblicati. È forse un “pentito”? Non corriamo, da un tenente generale in piena attività non ci aspettiamo dichiarazioni gandhiane, ma gli vanno riconosciuti una grande libertà di spirito, un bagaglio di conoscenze teoriche e sul campo (non solo militare) non comune, una capacità di esposizione diretta e che provoca la riflessione. Un libro da leggere. Così l’ha commentato il foglio quotidiano telematico La nonviolenza è in cammino: «Gli amici della nonviolenza hanno molto da imparare da un libro come questo (e molto da rammaricarsi per lo stato solitamente penoso e cialtrone della pubblicistica pacifista)».
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Denunciada
Pier-Maria | Sep 20, 2015 |
interesting and short "cahier de doléances" on the current (in 2008, but nothing really improved that much since then- I am writing in 2014) status not only of the Italian Armed Forces, but the role of Europe within NATO, and the role of NATO itself in a post-Cold War world.

considering that current discussions in Europe are focused on converting our "pocket task force" into something that is useful and cutting costs by integrating EU-wide activities and budgets, it is still a breadth of fresh air the last chapter, with its shopping list of cuts, restructuring, refocusing and guidelines for change- better than the usual "straight line cuts" that do not consider rethinking the aims and organization, and not just the budgets.

for my fellow Italians, some sections could be chilling, as when the author writes: "Dai teatri operativi sta venendo una lezione profonda e inquietante. I nostri soldati cominciano a sentirsi isolati e a credere di essere gli unici a fare qualcosa di importante per la patria. Si sentono diversi dagli altri, e fra questi 'altri' includono tutti coloro che non fanno ciò che fanno loro: militari e civili, superiori e subordinati." (p. 102)

worth reading
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½
 
Denunciada
aleph123 | 3 reseñas más. | Nov 15, 2014 |

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