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Edgardo Franzosini

Autor de The Animal Gazer

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Obras de Edgardo Franzosini

Etiquetado

Conocimiento común

Fecha de nacimiento
1952-08-14
Género
male
Nacionalidad
Italia
Lugar de nacimiento
Rovagnate, LC, Italia

Miembros

Reseñas

When I read the jacket blurb, I thought: Oooh! This one checks all my boxes: art, animals, and the First World War. But what a strange little book this is. Perhaps the translation is partly to blame; perhaps not (I do not read Italian, but the translator's credentials seem good). This is such a dreadfully tragic story: morose and eccentric, the artist Rembrandt Bugatti, younger brother in a prominent family of creators, with a powerful fascination with animals. Spending days at the zoos in Paris and Antwerp, he studies them, communes with them, observes them, watches them, and then creates stunning, evocative sculptures of them. And then the Germans invade Belgium. And one morning, Belgian soldiers are marched into the Antwerp zoo and kill every animal in it (they are carefully instructed that there are to be absolutely no cheers, cries of triumph, or cursing). Seemingly at a loss, Bugatti winds up at one end of one of hundreds of stretchers, carrying an endless stream of horrendously wounded soldiers and civilians through the streets of Antwerp. Until he can't do it any more. He returns to Paris, seals up the cracks in windows and doors in his apartment, and turns on the gas. At the age of 31.

But... this story is told in an entirely dispassionate voice. It sometimes reads like a biography, with stilted chunks of explanatory prose filling in background incidents. There are a handful of photographs of his sculptures (the hippo is brilliant!) scattered throughout - they now sell for millions. This story should have had me weeping. But it is so sparse, so dry, so terse... perhaps intended to reflect Bugatti's own depression? I wanted to love this, but it was just too prickly. Poor Rembrandt. May he rest in peace, and his beautiful animals prowl forever.
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Denunciada
JulieStielstra | May 17, 2021 |
Giuseppe Ripamonti, ecclesiastico e storico milanese d'inizio Seicento, fu autore di opere che sono tra le fonti principali dei "Promessi Sposi" e della "Storia della Colonna Infame". Protetto ("famigliare") del cardinale Federico Borromeo, dottore dell'Ambrosiana, a un certo punto cadde misteriosamente in disgrazia, e dopo quattro anni di duro carcere, un processo e una condanna, misteriosamente fu riabilitato.
È questa la vicenda che Franzosini ricostruisce in questo piccolo saggio, richiamando le scoperte di alcuni storici ottocenteschi che fecero luce sulle sventure di Ripamonti: Ignazio Cantù e Francesco Cusani, che trovarono le carte processuali nell'archivio della famiglia Borromeo, e Tullio Dandolo, che, probabilmente intorno al 1855, scoprì nella collezione di Carlo Morbio due lettere di Ripamonti decisive per la soluzione del mistero (ma le pubblicò solo nel 1868, anche lui, come i colleghi, riluttante a "macchiare" la figura del cardinale).
Mistero che sembra sia consistito in questo: Ripamonti, ottimo latinista, era costretto a scrivere e tradurre segretamente per Borromeo, che, animato da un gran desiderio di lasciare opere a suo nome, pubblicava come proprio il lavoro del suo "famigliare" (forse oggi lo si chiamerebbe "ghostwriter"). E quando per Ripamonti si era prospettata la possibilità di sfuggire a questa segreta servitù, Borromeo avrebbe scatenato la persecuzione. Alla fine Ripamonti fu graziato, ma dovette restare al servizio del Borromeo, e impegnarsi a tacere per sempre sull'accaduto (così come tacciono le altre fonti dell'epoca). Non posso fare a meno di notare che, se questa storia è vera, Ripamonti fu una delle innumerevoli vittime di abuso di potere che sempre vi sono state e vi saranno nelle vicende umane: il potere è necessario, ma è pericoloso, e chi ne dispone può sempre essere tentato di abusarne, e spesso cede alla tentazione, anche se è un sant'uomo.
Franzosini svela un po' alla volta tutta la storia, con abile montaggio e ricchezza di particolari sui personaggi e sui loro casi, parlandoci dell'ambiente ecclesiastico milanese d'inizio XVII secolo, del carattere difficile di Ripamonti e dei suoi contrasti con i colleghi, dei rapporti e degli screzi tra Manzoni e Morbio e tra Manzoni e Dandolo, e di tanti altri dettagli.
Alla fine, mi è rimasta una domanda: Manzoni, che dà un ritratto così elogiativo di Borromeo, sapeva? Sapeva Manzoni delle sventure di Ripamonti e della persecuzione che subì? E qui mi pare che Franzosini s'impegni in un gioco deliziosamente sottile. Sì, perché questa domanda il testo non la fa; ma è congegnato in modo da indurre il lettore a farsela. E qua e là nel testo sono sparsi svariati indizi che suggeriscono la risposta: "forse sì". Forse Manzoni, spulciando le carte della collezione Morbio nel 1839, scoprì i due "scritti denunciatori" di Ripamonti, e capì.
Non possiamo averne certezza. Ma Ripamonti, nei suoi scritti "post-detenzione", semina qua e là velati e ironici accenni alle sue sventure, e Manzoni lo aveva notato: osserva che Ripamonti a volte lascia capire "chiaramente il suo sentimento... dove protesta di non volerlo dire... [cerca] di fare intendere il contrario, accennando, timidamente e di fuga, qualche dubbio sulle circostanze più importanti, dirigendo, con una parola, la riflession del lettore al punto giusto..." E ancora: "Quante idee sottintese... e quanto era tristo quel secolo il quale riduceva l'uomo che sapeva pensare e scrivere, ad un tal genere di concisione!"
Ma a legger bene, sembra che anche Manzoni abbia seminato qua e là dei velati accenni alla vicenda Ripamonti-Borromeo: per questo possiamo dire che forse sapeva. E Franzosini qui usa la stessa tecnica a proposito di Manzoni, per dirci che forse sapeva. Ecco quindi che si realizza una specie di catena, o di gioco di specchi, tra i tre autori: tutti e tre accennano senza dire, sottintendono idee, dirigono "la riflession del lettore al punto giusto": Ripamonti su se stesso, Manzoni su Ripamonti e Borromeo, Franzosini su Manzoni. E a questa corrispondenza storica, se ne aggiunge forse anche una geografica, visto che Ripamonti e Franzosini sono entrambi nativi di Robbiate nel lecchese, terra manzoniana, e che tutti e tre hanno vissuto a lavorato a Milano. E ancora: a questa catena "storica" o "verticale", a un certo punto si aggiunge una diramazione "orizzontale" quando Franzosini, apparentemente senza motivo, dedica un paio di pagine all'erudito francese Philarète Chasles e allo scrittore dimenticato Eugène de Mirecourt e ad Alexandre Dumas e Charles Nodier: tutti personaggi le cui vicende hanno inattese corrispondenze con quelle della coppia Ripamonti-Borromeo.
Questo piccolo saggio offre dunque una solida e documentata ricostruzione di un episodio di storia ecclesiastica milanese, ma anche un delizioso e coinvolgente gioco di specchi letterario.
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Denunciada
Oct326 | Dec 5, 2015 |

Listas

Estadísticas

Obras
9
Miembros
54
Popularidad
#299,230
Valoración
3.0
Reseñas
2
ISBNs
15
Idiomas
3

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