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Tra il 1941 e il 1943 il Regio Esercito italiano affrontò la tragica esperienza dell' intricato contesto balcanico; giunti come occupatori sulla sponda destra dell'Adriatico, furono ben presto protagonisti e spettatori delle atrocità che in quei 30 mesi dilaniarono il decaduto Regno di Jugoslavia. Questioni etniche, politiche e religiose si legarono a tal punto da generare una spirale di violenza che coinvolse tutti tra repressione, guerra civile e pulizia etnica.
Se la Slovenia e l'Albania vennero formalmente annesse all'Italia fascista, destino diverso affrontarono altre due regioni, la Dalmazia e il Montenegro. La creazione dei Governatorati e il tentativo di estendere la condivisione del potere anche ad elementi autoctoni non limitarono in alcun modo l'ostilità di una buona parte della popolazione verso gli invasori stranieri. Ciò che però caratterizzò i due Paesi durante il periodo dell'occupazione italiana non fu solamente la resistenza armata, fattore riscontrabile in qualsiasi popolo sottomesso, ma lo scoppio di una ferocia interetnica di impressionanti dimensioni. Il genocidio perpetrato dagli ustascia croati verso i serbi-montenegrini ortodossi, le vendette portate avanti da cetnici e nazionalisti contro gli uomini di Ante Pavelié e i suoi compatrioti, il reciproco sterminio tra albanesi e slavi svolto tra il Sangiaccato, il confine montenegrino e il Kosovo italiano posero le forze armate italiane di fronte al bisogno di scegliere se disinteressarsi di queste atrocità, come veniva richiesto da Roma, o intervenire secondo coscienza e nel rispetto della loro dignità militare. In molti anche tra gli stessi comandi divisionali coinvolti nell'area optarono per la seconda via, ponendo la difesa dei civili come uno dei punti focali dell'operazione italiana. Ciò creò evidentemente una discrepanza tra il piano politico romano e quello militare balcanico; non bisogna dimenticare il carattere repressivo mantenuto sempre dalla politica militare italiana sia in Dalmazia che in Montenegro, tenendo però conto della dualità delle linee guida sul territorio, rendendo quindi la figura del soldato italiano più complessa di quanto non appaia. [...]… (más)
 
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BiblioLorenzoLodi | Dec 3, 2013 |

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