Marcello Santoloni

Questa storia dell'anarchico Acciarito, un modesto arizgiano di Artena, piccolo paese del Lazio, evidentemente preso nel giro e travolto da cose più grandi di lui, è in primo luogo una storia del potere politico nei suoi aspetti più crudamente repressivi e polizieschi, delle trame che da esso partono e dei meccanismi che ne costituiscono le caratteristiche operative essenziali.La ricerca d'archivio è in proposito meticolosa e impressionante. Ogni commento diviene rapidamente superfluo e anche il legame con l'attualità e con clamorosi casi della storia italiana recente, dalla tragica vicenda Pinelli ai problemi posti dai brigatisti pentiti, emerge con una naturalezza che è nello stesso tempo disarmante e angosciante. La storia sembra stancamente ripetere un suo perenne canovaccio in cui cambiano solo i nomi, del resto irrilevanti, dei personaggi e delle vittime. Gli stratagemmi, i trucchi della polizia, i rapporti riservati che compaiono e vengono amplificati o semplicemente scompaiono o si perdono in misteriosi cassetti a seconda delle convenienze del potere si ripetono con sfibrante monotonia: sembra di leggere le « memorie » degli informatori della polizia l'indomani della rivoluzione francese e della reazione termidoriana o, con un senso agghiacciante di contempotaneità, le ammissioni parziali, i vuoti di memoria, i silenzi e gli imbarazzati balbettamenti del processo di Catanzaro. Per esempio: «dar modo ad Acciarito di scrivere dal carcere prima dell'isolamento - o almeno fargli credere che tutto quanto scriverà sarà recapitato, contro ogni regolamento - è uno degli espedienti che le autorità carceriere adottano per dar modo al giudicando di scoprirsi ed entrare così in possesso di informazioni utilizzabili al processo.… (más)