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Marco Martella

Autor de Un petit monde, un monde parfait

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Questo post, che intende essere anche la recensione di un libro sulla manìa per i giardini, è dedicato ad Antonio De Marco animatore e "patron" del "Giardino Segreto dell'Anima" nella Valle di Tramonti, in Costa d'Amalfi, un giardino parte integrante del lascito della famiglia Telese della quale Enza Telese, sua gentile consorte, fa parte.

Nonostante tutto, Antonio continua a credere che i giardini ci possono salvare dai disastri della modernità. Lui è convinto che il suo piccolo, straordinario giardino sia uno degli ultimi punti di contatto con la natura per mezzo del quale possiamo continuare e scoprire la nostra vera essenza.

In diverse occasioni mi sono occupato di giardini. Non mi stanco mai di visitarli, ovunque mi trovi, sia in Italia che all'estero. Penso che il giardino sia il biglietto da visita di un qualunque posto ci ,capita di visitare. Un paese, una città, un luogo abitato senza giardini è un posto senza anima, come lo è una casa senza libri. Ho condiviso queste due passioni che vanno sotto il nome di "Gardenmania" e "Bibliomania" sin dai miei anni di giovane studente in quella magica isola dove tutto ebbe inizio: l'Inghilterra. Passioni che ti entrano nel sangue, vanno in circolo e non ti lasciano mai più.

Giorni orsono, ho avuto la fortuna di leggere due pagine con una lunga intervista dedicata ad uno storico dei giardini. Marco Martella vive a Parigi, ha diretto la rivista "Jardins" e ha pubblicato altri due libri con gli pseudonimi di Jorn de Précy per "E il giardino creò l’uomo" (2013) e di Teodor Cerić per "Giardini in tempo di guerra" (entrambi editi da "Ponte alle Grazie", 2015).

Da poche settimane è uscito un terzo libro intitolato "Ritorno al giardino", un breve brillante saggio che ho letto in formato Kindle. Ho deciso di farne una recensione utilizzando alcuni brani della sua intervista che ha concesso a Francesco Borgonovo per il quotidiano "La Verità". Credo che ne valga la pena, leggere quello che pensa questo esperto dei giardini nel suo giusto contesto.

L'intervista è corredata da uno splendido dipinto del padre dell'Impressionismo Claude Monet che ripropongo qui in testa al post. Va detto che questi pittori sono stati i primi a comprendere l'importanza del rapporto che esiste tra natura e pittura. Proprio Monet, forse il più noto ed importante pittore di giardini nella storia dell’arte, coltivò ed allestì numerosi giardini in ciascuna delle sue residenze, da Sainte-Adresse a Giverny, dove si spense 90 anni fa. Si svegliava all’alba, dipingeva sotto il sole cocente e sotto la pioggia battente per studiare tutte le infinite sfumature della luce.

Intorno alla sua casa rosa a Giverny aveva creato un giardino con uno stagno e un ponte giapponese, che ancor oggi accoglie migliaia di visitatori con le sue tinte e i suoi avvolgenti profumi. Dalle passeggiate sulle colline intorno alla proprietà, Monet tornava con semi di fiori selvatici per aiuole. Papaveri di campo, primule, violette, margherite, fiordalisi erano l’anima del suo giardino. Oltre alle ninfee di Monet a Giverny, possiamo ricordare il giardino di Bonnard a Vernonnet, in Normandia, o quello di Kandinskij a Murnau, in Alta Baviera, luogo di incontro di musicisti e artisti provenienti da tutto il mondo.

"Tra tutte le opere che l'uomo ha realizzato e realizza, il giardino possiede questa specificità: è composto innanzitutto di materia organica, cioè le piante, l'acqua, la luce, insomma : la vita. Per questo, credo sfugge a quel grande processo che chiamiamo progresso e che ha trasformato quasi tutti gli spazi creativi dell'uomo, dalla letteratura alla cucina, in attività lucrative, in industria ...

Il giardino, quindi, non è sottomesso alle regole del mercato, non può essere un prodotto consumabile: di fatto, è diventato oggi uno spazio di resistenza. Non è alla natura che offre riparo, ma all'uomo, a quel margine di umanità che resiste in noi e che la storia non ha ancora intaccato ...

Nella mitologia greca il gigante Anteo traeva la sua forza dal contatto costante con la madre Gea, cioè la terra, e perdeva la sua forza quando i suoi piedi non toccavano più il suolo. Per sconfiggerlo Ercole lo terrà sollevato da terra. E' una buona metafora: l'essere umano non può vivere separato dalla terra, ma è questo, lo sappiamo, che accade sempre di più. La perdita di radici è la perdita di se stessi. E' stato un errore per l'uomo essersi creduto signore e possessore della natura, come scrisse Cartesio all'alba della modernità, ponendosi quindi al di sopra e al di fuori di essa ...

Siamo noi, prima che il pianeta a pagare ogni giorno il prezzo di questo divorzio dalla terra. Ci preoccupiamo giustamente della scomparsa di specie viventi, animali e vegetali, ma dovremmo essere preoccupati ancora di più per noi stessi, per quell'umanità che resiste in noi, come dicevo prima, ma che ogni giorno la società meccanizzata, industriale, digitalizzata, riduce. E' l'uomo la specie più minacciata. Anche per questo occorre tornare al giardino ...

Il luogo giardino è un'opera dell'uomo e della natura congiunti, una creazione stratificata, che si forma nel tempo. E' uno spazio accogliente, in cui possiamo identificarci e che possiede sempre un centro, un alto e un basso. Quando i Romani intendevano costruire una casa o un tempio in un posto preciso interrogavano il suo "genius", internediario tra gli uomini e gli dei, a cui quel posto apparteneva. Ogni luogo ne aveva uno ...

Pur essendo un popolo di ingegneri e di conquistatori, i Romani sapevano che era in punta di piedi che bisognava entrare in un luogo. Per questo interrogavano per prima cosa il "genius loci": cosa desiderava? In che modo la sua volontà e quella degli uomini potevano conciliarsi, trovare un terreno d'incontro? Solo in questo modo il progetto umano poteva andare a buon porto. E' tutto il contrario del modo con cui noi modifichiamo il paesaggio per piegarlo alle nostre sigenze, senza tenere conto di ciò che nel luogo già c'è, della sua storia, della sua anima...

Bisogna ricominciare ad ascoltare i luoghi, a far prova di umiltà di fronte al loro mistero, ispirandoci ai popoli dell'antichità che consideravano l'atto di costruire ed abitare come una tto sacro. Bisognerebbe imparare ad adattarci nuovamente noi al mondo invece di fare il contrario ...

Il turismo modermo purtroppo è una forma di consumo: si consumano luoghi, culture, paesaggi. Oggi quello che era un tempo il "viaggio", scoperta del mondo e allo stesso tempo di se stessi, è ora solo ditrazione, un elemento della società dello spettacolo, un settore economico redditizio ...

Il giardino ci propone di tornare a essere parte di qualcosa di più grande, di più forte di noi, e promette una felicità. Lavorando con la natura, mettendo le mani nella terra, il giardiniere sperimenta il mondo vivente come realtà magica, persino sacra, ritrovando lo stupore primitivo di fronte alle manifestazioni della natura, ai cicli delle stagioni, alla semplice bellezza delle piante o degli animali ...

Ho avuto la fortuna di vivere e lavorare per anni in un giardino alle porte di Parigi che si chiama "Ile Verte" (Isola verde), un giardino ottocentesco che fu abitato da diversi artisti nel corso della sua storia. E' un luogo selvatico, che sembra qualsi abbandonato a se stesso e in cui le piante spontanee convivono con quelle coltivate, le rose selvatiche con le rose antiche, selezionate con cura dal giardiniere, le viole selvatiche con le ortensie. A molti sembra una giungla più che un giardino, ma dietro c'è un progetto estetico preciso. Qui il giardiniere segue il movimento della natura, lo accompagna, lo asseconda. Credo che sia questo il mio giardino ideale...

Il giardinaggio è un lavoro duro, a volte un vero corpo a corpo con la natura, richiede pazienza, anzi fede. In questo momento sto piantando molti alberi da frutto nel mio nuovo fiardino. Li vedo nudi, gracili, esposti ai venti gelidi dell'inverno e mi chiedo se ce la faranno davvero, se ci saranno fiori sui rami in primavera e i primi frutti il prossimo autunno ...

So che dovrò aspettare anni prima che il frutteto sia bello come lo sogno e che la fruttificazione sia abbondante. Il giardino è sempre una promessa, ci rende capaci di speranza in un tempo che lascia sempre meno spazio alla speranza. E ci insegna, con pazienza, la pazienza".

(La Verità - 31 dicembre 2016)

https://goo.gl/wuJMtJ
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AntonioGallo | Nov 2, 2017 |

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