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Dritto al sodo. Come scegliere ciò che conta e vivere felici. Nuova ediz.

por Greg Mckeown

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Aveva 14 figli. C’era stata una pandemia. Aveva un fastidioso disturbo allo stomaco. Stava prendendo lezioni di filosofia. Lui era l’imperatore di Roma. Il suo dominio si estendeva per circa 2,2 milioni di miglia quadrate e comprendeva oltre 120 milioni di persone per le quali era sia responsabile che incaricato di governare. Come fece a gestire il tutto? Come fece senza perdere la testa? Sappiamo che una domanda ha giocato un ruolo enorme nel suo comportamento. Riguarda l’essenzialità. “La maggior parte di ciò che diciamo e facciamo non è essenziale”, scrisse Marco Aurelio nelle sue famose “Meditazioni”. “Se riesci a eliminare ciò che non è essenziale avrai più tempo e più tranquillità. Chiediti in ogni momento: ‘È necessario?”

Quanto o quanto poco lavori, dove vivi, come sono il tuo matrimonio o le tue relazioni, le tue idee politiche, come spendi i tuoi soldi, quali sono i tuoi obiettivi, il modo in cui è organizzata la tua vita, le cose che occupano spazio nel tuo cassetto della spazzatura, in una parola i pensieri che ti passano per la testa. Chiediti su tutto ciò che fai, dici e pensi: “È necessario? È essenziale?” “Deve essere così?” “Perché lo sto facendo?” “Cosa succederebbe se cambiassi?”. Ci chiediamo di continuo perché non facciamo del nostro meglio. Ci chiediamo perché non siamo felici. Ci chiediamo perché le cose sono difficili. È perché stiamo facendo troppo, o stiamo facendo le cose sbagliate, anche nel modo sbagliato?

Guardate l’intelligente e sintetico disegno della copertina del libro che ha scritto Greg McKeown su quell’arte o disciplina chiamata essenzialismo impiegata per acquisire non il di più, ma il meno: essentialismo. A sinistra della immagine il caos, la confusione, la spazzatura. A destra, nel cerchio, l’essenziale. Una parola che, guarda caso, rivela la sua … essenzialità.

Vogliamo arrivare in un luogo in cui la nostra vita possa essere definita da essa, un luogo dove possiamo fare solo ciò che deve essere fatto, nel modo migliore. Bisognerà sentirsi a proprio agio nel dire “No”. Significherà tagliare il grasso inutile dalla vita, forse anche ferire alcuni sentimenti. Ma va bene. Presto ci si renderà conto che quando diciamo di no a qualcosa, stiamo dicendo di sì a qualcos’altro.

Viceversa, quando pensiamo di dire di sì a una cosa, dobbiamo capire tutte le cose a cui stiamo dicendo di no. Quindi potremo far arrabbiare alcune persone dicendo di no, ma renderemo anche le altre persone molto più felici. Importante è conoscere come funziona la “sintesi essenzialista”. Quando non distinguiamo tra ciò che è e ciò che non è essenziale, come si decide a cosa dire si e a cosa dire di no? Di solito, per impostazione predefinita, filtriamo le opportunità in base a ciò che è più redditizio o più impressionante. Ricordiamoci di quello che disse Seneca:

“Ci viene detto che la vita è breve e l’arte è lunga … Non è che abbiamo poco tempo da vivere, ma che ne sprechiamo molto. La vita è abbastanza lunga e ce ne è stata data una quantità sufficientemente generosa per il risultato migliore soltanto se il tempo fosse tutto ben investito.Quando è sprecato nel lusso incurante e speso in nessuna buona attività, siamo poi costretti dall’ultima costrizione della morte a renderci conto che è passato prima che sapessimo che stava passando. Così è: non ci viene data una vita breve, ma la rendiamo breve. Non siamo mal forniti, ma ne sprechiamo. Proprio come quando una ricchezza ampia e principesca cade su un cattivo proprietario, viene sperperata in un attimo, ma ricchezza comunque modesta, se affidata a un buon custode, aumenta con l’uso, quindi la nostra vita si allunga ampiamente se gestita adeguatamente “.

Una cosa in cui la pandemia ci ha aiutato è che ci ha mostrato, nella maggior parte dei casi senza il nostro consenso, cosa significa fare di meno. Meno voli. Meno cene fuori. Meno incontri. Meno reddito. Meno commissioni. Si potrebbe sostenere che COVID-19 è stato il più grande esperimento di stile di vita forzato nella storia. Ha infranto così tante delle nostre supposizioni su ciò che è e non è essenziale.

Ma questa cosa non può essere fatta da remoto, a distanza? Certo che sì. Oh, non potrei vivere senza i miei bambini. Bene, ora devi tenerteli tu a casa ed accudirli ed educarli. Oh, non avrò mai tempo per fare quello voglio. OK, eccolo qui. Hai tutto il tempo che vuoi, sei in isolamento. Abbiamo dovuto pagare con meno.

Abbiamo dovuto reinventare il modo in cui venivano fatte le cose. Abbiamo dovuto riorganizzare tutto. Alcune parti di questo comportamento sono state difficili da sopportare. Alcune imposizioni ci hanno reso tristi e soli. Ma altre parti sono state decisamente liberatorie. Questo è il problema di “less”, “meno”, per questa ragione chiediamo a Marco Aurelio la versione della domanda: è necessario?
Perché per quanto siano stati duri gli ultimi mesi di un isolamento che continua, significa anche che abbiamo la possibilità di continuare a pensare a noi stessi, a guardare altri tramonti dalla veranda sul retro di casa, altre cene in tranquillità, altre scritture più mirate, su argomenti più importanti, nuovi contatti a distanza che dovranno essere confermati di persona, più apprezzamento per le persone e le cose che contano veramente.

“Fare l’essenziale”, ha detto Marco, “porta una doppia soddisfazione: fare di meno, meglio”. Quindi prendiamoci un minuto oggi e facciamoci la domanda di Marco. È necessario? È essenziale? Ho davvero bisogno di farlo? E se avessi detto di no? E se avessi rinunciato? Cosa succederebbe?

Troveremo la risposta. In molti casi, è no, non è essenziale. Non è importante, né necessario. E dicendo di no, non stiamo “sottraendoci” alle nostre responsabilità. Al contrario, siamo più in forma, meglio in grado di adempiere effettivamente ai nostri doveri importanti: verso la famiglia, il lavoro, noi stessi e anche verso gli altri. E questo è il vero doppio vantaggio. ( )
  AntonioGallo | Nov 26, 2022 |
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