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La felicità e il piacere.

por Epicurus

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Añadido recientemente porRobertHasinger, grandeghi
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La lettura, come le cose, spesso non è casuale. Avevo questo libro allo studio, tra quelli da portarmi a casa e leggere, da quasi quindici anni. L’ho portato all’Arenella qualche mese fa e finisco questa breve ma intensa lettura la sera in cui mi predispongo ad affrontare il calvario del pancreas di mamma. So che mi devo fare e dare forza, so che devo battere le mie ansie, il mio disorientamento, la mia paura, che diventa terrore. E mentre nel letto, con mamma, sento scariche di tensione che mi allappano il cuore leggo le considerazioni di Epicuro sulla vita e sulla morte, ecco prendiamo la seconda massima capitale “niente è la morte per noi: infatti ciò che si è dissolto non è più dotato di sensibilità; e ciò che non è più sensibile non è niente per noi”. Epicuro predica una vita semplice, in cui le sensazioni vanno dominate e non dobbiamo farci dominare da loro. La felicità è l’assenza del dolore, ma allora tutto questo dolore dove lo devo collocare. Nella non sensazione, perché il dolore è momentaneo, perché la morte significa di per sé assenza, e quindi l’impossibilità di essere associata al dolore. Ma questo vale per me, sicuramente, ma non per chi mi è vicino, e allora torno al tema della naturalezza delle cose della vita e al momento in cui il corso delle nostre vite prende direzioni impensabili. Rileggere Epicuro è sempre utile perché consente di entrare nelle nostre sensazioni, nel nostro modo di vivere. E poi vedendo bene il sostanziale rigore della mia vita attuale, fatta di sostanza, forse troppa, impegno e assenza di fronzoli rientra nella filosofia del vecchio filosofo di Samo. Anche se a volte provo invidia per chi se ne frega e vive la sua vita felicemente, sentendosi casomai epicureo perché mangia e beve, perché a volte l’ignoranza fa bene. ( )
  grandeghi | Dec 23, 2020 |
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