I tedeschi di Kesselring attaccarono Roma alle 20,45 di mercoledl 8 settembre 1943, e già prima di mezzanotte costituirono una vasta «testa di ponte» tra la Magliana, l'Eur e l'Ostiense. Fu l'inizio di un'occupazione che sarebbe durata fino alla sera del 4 giugno 1944, quando l'ultima pattuglia di guastatori della «Goering» uscì dal quartiere Flaminio avviandosi verso Nord. Considerata «città aperta» solo dalla propaganda hitleriana e fascista, Roma fu in realtà una città prigioniera e imbavagliata, murata viva coi rastrellamenti nelle strade; coi 2.000 ebrei deportati nei lager (ne torneranno soltanto 17); con le camere di tortura delle SS di Kappler a via Tasso e a Regina Coeli; coi massacratori fascisti delle bande Koch, Bardi-Pollastrini, Caruso; con le fucilazioni a Forte Bravetta e le fosse comuni e anonime al Verano; con la strage alle Ardeatine; con i bombardamenti, la fame, il coprifuoco, il terrore. La menzogna della «città aperta» serve a Kesselring e ai suoi generali nel tentativo di usare Roma come comoda e sicura retrovia del fronte, una sorta di «area protetta» per evitare gli attacchi dell'aviazione angloamericana sulle autocolonne della Wehrmacht dirette a Cassino e ad Anzio. Episodi sconosciuti, eroi ignoti, momenti epici e avvenimenti memorabili della Resistenza romana compongono lo straordinario, in molte parti inedito affresco di questo libro. Che alla fine si rivela non un sofisticato e pur nobile gioco della memoria, ma un forte, limpido messaggio civile perché la democrazia venga vissuta nel solo modo degno, quello che ancorava alla vita i partigiani davanti ai fucili del plotone di Forte Bravetta e rendeva di ferro i gappisti di fronte alla fiamma ossidrica usata per la tortura in via Tasso: l'ideale del bene e della libertà, un principio morale superiore.

(NDR: non citati il Fronte militare clandestino e la deportazione dei Carabinieri) ( )