Erik Orsenna ha scritto una serie di libri per ragazzi dove racconta in maniera molto romanzata le bellezze della grammatica - e anche le possibili bruttezze, a dirla tutta. Questo libro è il secondo della saga, dopo "La Grammatica è una canzone dolce" che non ho letto, il che significa che ho avuto qualche problema di comprensione: non basta certo una pagina di "riassunto della puntata precedente" per potersi immergere completamente nell'opera.
Il libro non è certo un capolavoro assoluto, e non so come possa essere considerato dal presumibile target di lettori, cioè i dodici-quattordicenni: però almeno per quanto mi riguarda sono state due ore (scarse) di piacevole lettura, tra le storie relative ai vari tipi di forme verbali personificate - e per fortuna italiano e francese sono lingue piuttosto simili, non oso pensare a cosa possa essere la traduzione in inglese. Dal punto di vista didattico direi che è un ottimo modo per farsi un'idea della diversità dei vari modi verbali; il cameo finale di Jorge Luis mi ha poi strappato un sorriso. Nota di plauso per la traduzione di Francesco Bruno: è vero che francese e italiano hanno una struttura grammaticale simile, ma questo non significa mica che si possa fare una traduzione letterale. Il fatto che non ci si accorga che il libro sia francese è assolutamente positivo!
Nota finale: spero nessuno si offenda se dico che le illustrazioni di Fabian Negrin mi hanno lasciato freddo. ( )

Une jolie fable pleine de fantaisie, de rêve et de poésie pour dire la beauté et la richesse de la langue française. On y apprend par exemple que le Subjonctif est politiquement incorrect puisqu'il sert les possibles, les espoirs et les prières. ( )

In case they bring out an English translation (don't think one's come out yet?), just a note to say this review is in response to the original French version.

Another sweet and educational tale (not adjectives I'd often place in close proximity) but not quite as enjoyable for me as the first in the series, La Grammaire est une chanson douce. In part, indeed largely, I put that down to the fact that I don't feel particularly pleased with the way the main character, Jeanne, is heading. She's gone from being a cheeky, curious and head-strong youngster to a bit of a typical, i.e. stereotypical, girly girl who wants to think about love and knows how to batter her eyelids to flatter a boy (in this case her brother, which is a bit of a worry!) I guess it's a small issue in the scheme of things, but it annoyed me. I really liked Jeanne in the first book, and since she pretty much carries the story it would have been helpful if she hadn't been turned into a cardboard cutout version of a female quite so much.

Aside from that problem, I found the French challenging enough to keep me on my toes just a little, plus, of course, it gave me a greater understanding of the French language (and the subjunctive in particular.) ( )

Peut-être pas aussi enchanteur que celui qui le précède (La grammaire est une chanson douce), ce livre est tout de même joliment écrit est un plaisir à déguster. C’est un panachage du féerique, du philosophique et du subjonctif (ainsi qu’une bonne dose de l’indicatif, avec un survol de l’infinitif et de l’impératif). Ne vous attendez pas à une leçon de grammaire. Ce que vous aurez est une plus grande appréciation pour les subtilités de la belle langue française ainsi que l'importance du langage dans la communication des idées (et les rêves et l'amour, et ...). Je l’ai beaucoup apprécié. ( )