... il protagonista, vittima designata e bersaglio privilegiato di infiniti guai, finisce per assumere con rassegnazione se non con fierezza la maschera e lo stereotipo dell'ebreo della grande tradizione comica est-europea e poi americana, lo schlemiel più tardi promosso a gloria internazionale grazie a Philip Roth e ancor più a Woody Allen (i quali, è il caso di ricordarlo, a Bruce Jay Friedman e al suo Stern debbono non poco). Spesso sconfitto, Stern anche se non è responsabile delle sue umiliazioni è forse comunque colpevole di affezionarvisi; del resto, in certo senso si affezionerà anche alla sua ulcera, un feto ingombrante che è comunque suo... (dalla Postfazione di G. Fink)

The writing itself is superb. However, the story leaves a lot to be desired. While I understand the racial language was fairly normal for the time when this was written, it still left me uneasy. ( )

I read this one because it is supposedly John Kennedy Toole's "favorite modern novel". This is some smooth, beautiful writing in the same class as "Catcher in the Rye" and "Confederacy of Dunces". ( )

è monotono e pesante.