Con un imponente volume, nel formato, nella qualità della carta e nel prezzo, la DC celebra Miller ed il personaggio che ha annunciato al mondo intero l’avvento di un uomo che avrebbe modificato il mondo del fumetto. Miller ha innovato il linguaggio, lo stile di esposizione, proiettando il mondo del fumetto statunitense in una nuova dimensione. Scommessa vinta nei primi anni 80 dalla Dc che affiancava, così ai super classici supereroi, un modo nuovo per raccontare la storia. E sulle orme della Marvel, in quel periodo debole, Miller ambienta la storia del suo Ronin, un samurai disonorato, in una New York del futuro, febbricitante e decadente, preludio al mondo della Sin City che l’autore avrebbe proposto anni dopo. La qualità del volume rende al massimo il valore del disegno di Miller e dei colori di Varley, per storie così ci vogliono vignette così. Molto bello, da rileggere, alla luce del sole per capire le sfumature delle ombre di Miller.

Recensione del 29 maggio 2019
Sono alla prima rilettura del Ronin di Frank Miller e Lynn Varley; la complessità della storia continua a disorientarmi, tra il Giappone dei samurai nel quale nasce la leggenda del Ronin alla New York futuristica ci sono passaggi epocali, di costumi, di culture. E mi perdo, ma come sempre con le storie di Miller la bussola non è sufficiente per trovare le coordinate, si va prima da un punto all’altro e poi giù da capo. In realtà l’inizio è semplice, in Giappone un Ronin, un samurai disonorato, combatte per trovare la morte contro il demone che ha ucciso il suo maestro; e già da qui le cose iniziano a complicarsi, samurai, ronin, demoni, Agat; poi, improvvisamente, ci si trova catapultati in una New York postmoderna, dominata dalla violenza. E lì il Ronin si trova ad affrontare la violenza quotidiana di una grande città abbandonata alle leggi del più forte; e lo fa con la violenza che gli consente la sua katana ritrovata. Ma quando incrocia sulla sua strada una donna che fa parte di un progetto impossibile; e sarà proprio questa donna, Casey, a consegnare al Ronin la katana per perfezionare l’atto estremo di un samurai, il suicidio con l’harakiri, un rituale di grandiosità ed eleganza unici. E nell’ultima pagina New York grida di dolore insieme all’ultimo sospiro del Ronin. Un libro difficilissimo, non è il mio genere, ma si deve riconoscere la grandiosità del respiro dell’opera. ( )