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Cargando... La ragazza dell'addiopor Giorgio Scerbanenco
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Inscríbete en LibraryThing para averiguar si este libro te gustará. Actualmente no hay Conversaciones sobre este libro. Ci voleva Scerbanenco per farmi leggere un romanzo rosa, l'unico genere su cui ho fatto "croce nera" come si dice qui. Lo ricordavo, del resto, come autore di novelle sulle riviste femminili, quando ero bambina, prima che facesse il grande salto dell'invenzione del noir italiano. C'è da dire che in mano a lui la materia evolve, si torce, cresce a dismisura. E l'amore assume mille sfaccettature, e i buoni e i cattivi profondità e motivazioni ignote al rosa classico. Irrompe la realtà, con gli odori sgradevoli, le camice sgualcite, la miseria la disoccupazione. E che la protagonista non sia bella, è da non crederci, da gridare al sacrilegio. Certo alcuni sviluppi sembrano un po' tirati via, hanno per certi versi tutta l'assurdità che ci si può aspettare, che le appassionate si dovevano aspettare, probabilmente, e la lingua è un filo antiquata. Ma si legge volentieri. Non è tanto che io mi sia convertita al rosa, è proprio che Scerbanenco era un grande. sin reseñas | añadir una reseña
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Google Books — Cargando... GénerosSistema Decimal Melvil (DDC)853.914Literature Italian Italian fiction 1900- 20th Century 1945-1999Clasificación de la Biblioteca del CongresoValoraciónPromedio:
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Letto oggi, è un romanzo storico estremamente interessante, perché descrive la società italiana degli anni '50 in maniera impagabile. Oso dire che conosciamo meglio gli usi e la mentalità degli antichi romani, che non quest'epoca così vicina a noi eppure per altri versi così lontana.
Scerbanenco la racconta dal di dentro, e vediamo sia la difficoltà dei poveri, quelli che sgomitano per emergere e ci riescono quasi solo per matrimonio, sia il mondo dei ricchi, degli imprenditori del dopoguerra, ben diversi dai piranha dei nostri tempi. Scopriamo che, per quanto ricca, laureata e intelligente, Milla ha bisogno di un marito che diriga l'azienda paterna. La stessa Milla che è brutta perché ha la pelle giallastra, ma truccarsi è fuori discussione, ne va della dignità di una persona.
Scerbanenco, sia in versione rosa che in versione gialla, mi intristisce. Non ho mai capito perché fino a questo libro. È uno che non fa sconti al lettore. Infarcisce le sue storie di tutta la sofferenza umana, e anche di più. Ricordo con terrore il romanzo in cui morì la nipotina di Duca Lamberti. Mi colse del tutto impreparata, non ne vedevo la ragione ai fini dell'intreccio.
In questo romanzo muore in maniera assurda, il graffio di un gatto, una ragazza giovane. E prima, in maniera ancora più assurda – i vermi – era morta la sorellina del protagonista. Ma se per queste due morti ci sono ragioni narrative, la morte del cucciolo di Milla proprio non ha motivo. È messa lì perché la vita è così e Scerbanenco non permette ai suoi lettori di dimenticarlo. E così, quando penso a un romanzo di Scerbanenco, l'immagine è sempre la stessa, una strada di novembre buia e con una nebbia fitta.