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How to Talk About Books You Haven't Read por…
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How to Talk About Books You Haven't Read (2007 original; edición 2008)

por Pierre Bayard, Jeffrey Mehlman (Traductor)

MiembrosReseñasPopularidadValoración promediaMenciones
1,5048512,048 (3.51)71
In this mischievous book, literature professor Bayard contends that, in this age of infinite publication, the truly cultivated person is not the one who has read a book but the one who understands the book's place in our culture ... Using examples from works by Graham Greene, Umberto Eco, and others (and even the movie Groundhog Day), Bayard examines the many kinds of "non-reading" (forgotten books, books discussed by others, books we've skimmed briefly) and the many potentially nightmarish situations in which we are called upon to discuss our reading with others. At heart, this delightfully tongue-in-cheek book challenges everyone who's ever felt guilty about missing some of the great books to consider what reading means, how we absorb books as part of ourselves, and why we spend so much time talking about what we have, or haven't, read.… (más)
Miembro:ForrestFamily
Título:How to Talk About Books You Haven't Read
Autores:Pierre Bayard
Otros autores:Jeffrey Mehlman (Traductor)
Información:Granta Books (2008), Hardcover, 176 pages
Colecciones:Lo he leído pero no lo tengo
Valoración:***
Etiquetas:Ninguno

Información de la obra

Cómo hablar de los libros que no se han leído por Pierre Bayard (2007)

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Quienes acudan a este libro con la esperanza de encontrar claves para poder encandilar convincentemente a sus profesores, colegas, amigos o amantes con profusas disquisiciones librescas adquiridas sin apenas esfuerzo o tiempo, habrán cometido un error. Tras un título voluntariamente provocador, que corre el riesgo de ser interpretado como un signo de cinismo o de impostura, el ensayo de Bayard nos brinda en realidad una lúcida y estimulante reflexión a propósito de qué significa la lectura. ( )
  coronacopado | Aug 27, 2011 |
“Non leggo mai libri che devo recensire; non vorrei rimanerne influenzato” affermava Oscar Wilde con il gusto del paradosso che lo contraddistingueva. La tesi che lo psicoanalista francese Pierre Bayard espone in questo libro non è molto diversa. Anche i lettori forti ricordano a distanza di tempo ben poco di quello che hanno letto. La memoria umana predilige l'oblio. Ciò non significa che nel nostro inconscio il libro letto non continui a vivere, come una atmosfera particolare, come un nucleo di idee e di emozioni che finiscono per determinarci. Inoltre un libro non è composto soltanto dal testo scritto dall'autore, ma da tutti i discorsi che negli anni (o secoli) si sono prodotti sul libro stesso: commenti, recensioni, conversazioni, lezioni, critiche professionali e non. Per cui, anche se non si è letto direttamente il testo, ci si forma ugualmente un'opinione precisa su un libro, fino ad arrivare a parlarne con cognizione di causa senza averlo mai letto direttamente.
Personalmente preferisco leggere i libri di cui parlo, ma devo ammettere che le ipotesi avanzate da Bayard sono seducenti. Ne rimase affascinato persino Umberto Eco, che al pamphlet del professore francese dedicò una famosa "bustina di minerva", cui volentieri rimando il lettore esigente.

Bayard esordisce affermando di non trovare la lettura una attività particolarmente piacevole, ma che il suo ruolo di docente di letteratura lo obbliga a parlare di libri che in gran parte non ha letto. Non ha mai letto, per esempio, l'Ulisse di Joyce e non ha certo compiuto una lettura integrale della Recherche di Proust. Di più, su molti libri egli deve redigere dei testi critici. Ciò lo mette in conflitto con tre costrizioni fortemente interiorizzate dalla nostra epoca: l'obbligo di leggere che conferisce alla lettura un carattere sacro, l'obbligo di leggere tutto e l'obbligo di leggere assolutamente un libro prima di parlarne.

L'esito di queste costrizioni interiorizzate è l'ipocrisia sui libri effettivamente letti, la menzogna imbarazzata. Le persone colte si vergognano ad ammettere di non aver letto determinati libri. A volte si arriva all'autoinganno: si è convinti di aver letto un libro che in realtà non si è mai letto. Bayard sottolinea come esistano molteplici livelli di lettura, situati tra il leggere e il non-leggere. L'incontro con un testo riconosce molte forme. E così i libri non letti, ma di cui si sia sentito parlare "esercitano effetti sensibili su di noi, tramite le risonanze che da essi ci pervengono".

La nozione di "libro letto" è ambigua. Ci sono libri a noi totalmente sconosciuti, libri che abbiamo soltanto sfogliato, libri di cui abbiamo sentito parlare e libri che abbiamo dimenticato. La relazione che intratteniamo con i libri non è affatto omogenea, "bensì uno spazio oscuro infestato da frammenti di ricordi e il cui valore, anche creativo, dipende dai fantasmi dai contorni oscuri che vi abitano".

D'altronde, nemmeno un'intera vita può permetterci di leggere tutti i libri; l'importante, allora, non è tanto leggere per intero un libro, quanto avere una visione d'insieme della totalità dei libri. In questa visione d'insieme si riconosce la vera cultura, nella capacità quindi di mettere in relazione i libri tra di loro, piuttosto che nel conoscere meticolosamente alcuni singoli testi. Si deve cioè coltivare una visione d'insieme. "La cultura è soprattutto una questione di orientamento". Orientamento nella relazione dei libri tra di loro e orientamento all'interno di un testo (che si può ottenere velocemente anche dando soltanto una scorsa all'indice).

A volte per farsi un'idea precisa di un libro "basta leggere e ascoltare ciò che altri ne scrivono e dicono". Persino gli autori stessi sovente ignorano quanto hanno scritto nei volumi pubblicati. Infine - ancora una volta ci viene in soccorso Wilde - accanto ai libri da leggere e a quelli da rileggere ci sono i libri sconsigliati, quelli da cui sarebbe bene tenersi alla larga. La lettura non è perciò soltanto un processo benefico, ma talvolta può rivelarsi un'attività nefasta.

La memoria intorno alle nostre letture si riorganizza incessantemente. La lettura e il nostro parlare di libri è più che altro un pretesto autobiografico, un modo per parlare di noi stessi. e per interpretare la nostra esperienza.

Bayard ci invita dunque a liberarci una volta per tutte dalla falsa idea perfezionista, imposta dalle istituzioni scolastiche, della lettura integrale, per vedere invece nei libri principalmente una parte di noi stessi, uno strumento fluido di autoconoscenza, un importante materiale per la costruzione della propria identità e un' occasione di creazione originale.

añadido por AntonioGallo | editarInterruzioni.net
 
I seriously doubt that pretending to have read this book will boost your creativity. On the other hand, reading it may remind you why you love reading.
 

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Nombre del autorRolTipo de autor¿Obra?Estado
Bayard, Pierreautor principaltodas las edicionesconfirmado
Künzli, LisTraductorautor secundarioalgunas edicionesconfirmado
Mehlman, JeffreyTraductorautor secundarioalgunas edicionesconfirmado
Thorel, PirjoTraductorautor secundarioalgunas edicionesconfirmado
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Título canónico
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Epígrafe
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I never read a book I must review; it prejudices you so.
– Oscar Wilde.
Dedicatoria
Primeras palabras
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Born into a milieu where reading was rare, deriving little pleasure from the activity, and lacking in any case the time to devote myself to it, I have often found myself in the delicate situation of having to express my thoughts on books I haven't read.
Citas
Últimas palabras
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Aviso de desambiguación
Editores de la editorial
Blurbistas
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Idioma original
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DDC/MDS Canónico
LCC canónico

Referencias a esta obra en fuentes externas.

Wikipedia en inglés

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In this mischievous book, literature professor Bayard contends that, in this age of infinite publication, the truly cultivated person is not the one who has read a book but the one who understands the book's place in our culture ... Using examples from works by Graham Greene, Umberto Eco, and others (and even the movie Groundhog Day), Bayard examines the many kinds of "non-reading" (forgotten books, books discussed by others, books we've skimmed briefly) and the many potentially nightmarish situations in which we are called upon to discuss our reading with others. At heart, this delightfully tongue-in-cheek book challenges everyone who's ever felt guilty about missing some of the great books to consider what reading means, how we absorb books as part of ourselves, and why we spend so much time talking about what we have, or haven't, read.

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