Joel Kiinig non è solo l'autore di un libro affascinante o uno di quei pochi e davvero fortunati israeliti che riuscirono a filtrare indenni attraverso le maglie della rete nazista; è un caso letterario e al tempo stesso il protagonista di una storia veramente unica. Un ebreo che indossa la divisa nazista per poter circolare liberamente in un'Europa sotto l'incubo della svastica, un uomo che non riesce a odiare, a nutrire sentimenti di vendetta nei confronti dei persecutori della propria stirpe, una persona che mantiene sempre un tono distaccato nel raccontare i fatti di cui fu testimone attento - e con un'ironia dal sapore perfino non troppo amaro -, tutto questo e altro ancora è Joel Konig. Le vicende della sua vita che soggiacciono ora all'onnipresenza del caso, ora alla fortuna del momento, sono raccontate con la vivacità e l'immediatezza proprie solo di certi racconti del passato. Ciò non toglie che la dimensione umana sia sempre percepibile, che vi sia dietro ogni fatto, anche il pili rivoltante alla coscienza, il sorriso ammiccante, il piglio bonario del suo cronista. Visto attraverso questa lente d'ottimismo, tutto appare semplice, fin quasi ovvio; ma, evidentemente, non dovette essere cosi se perfino gli inglesi, quando Konig riusci ad arrivare sano e salvo in Palestina, dopo mille e mille peripezie, non gli prestarono fede e lo incarcerarono per sospetta intesa con i tedeschi. Il libro non arriva alle pagine conclusive della storia, ma si limita a inquadrare il periodo dal 1933 al 1944, dall'avvento di Hitler (salutato con entusiasmo dai giovani, Kiinig compreso) sino alla fuga dell'autore a Budapest. Interessantissima la descrizione delle scuole preparatorie per la Palestina, dei contrasti fra le diverse correnti del sionismo, del piccolo ma quanto mai composito mondo delle comunità religiose, della stessa mentalità di ebrei tedeschi del tempo: cose tutte che, viste come sono qui, in queste pagine, dal di dentro, rappresentano per il lettore italiano altrettante novità. ( )