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Alfio Caruso

Autor de Tutti I Vivi All'assalto

37 Obras 159 Miembros 4 Reseñas

Sobre El Autor

Incluye el nombre: Alfio Caruso

Obras de Alfio Caruso

Tutti I Vivi All'assalto (2003) 21 copias
Italiani dovete morire (2000) 18 copias
Arrivano i nostri (2004) 12 copias
Willy Melodia (2008) 10 copias
Breve storia d'Italia (2001) 9 copias
Noi moriamo a Stalingrado (2006) 8 copias
In cerca di una patria (2005) 7 copias
I penitenti (1993) 3 copias

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Reseñas

Alfio Caruso ha scritto molti saggi e molti romanzi. In questo caso racconta la storia della fine del potere temporale del papa visto dalla parte di Pio IX, quindi opponendosi alla tipica visione sabauda che i libri di storia italiani riportano. Le truppe papaline - a parte essere composte da cinque a diecimila effettivi, ma lasciamo la licenza poetica del titolo - erano sì un coacervo di nazionalità diverse, ma nella maggior parte dei casi si trattava di persone genuinamente convinte, e non mercenari: anche i loro comandanti erano di solito militari che avevano tatto carriera altrove e poi avevano scelto esplicitamente di passare sotto la bandiera bianca e gialla.
L'idea insomma era buona. Peccato che il libro sia infarcito di liste di nomi che non potranno mai essere null'altro che vuote parole, e soprattutto che almeno io non sono riuscito a capire dove volesse andare a parare. Non c'è un vero filo conduttore della storia, se non il trascorrere del tempo, e non mi pare che Caruso prenda le parti di qualcuno (al limite prende le parti contro i ministri postunitari...) Un'occasione sprecata, insomma.
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Denunciada
.mau. | Oct 25, 2016 |
E' la semisconosciuta anabasi italiana, è la più straordinaria avanzata all'indietro della storia militare, è l'indomita resistenza del Corpo alpino in Russia.
Buttate nella peggiore fornace della seconda guerra mondiale dall'aberrante menefreghismo di Mussolini, le penne nere scrivono una pagina di epico e silenzioso valore.
Dal 17 al 31 gennaio 1943 la Tridentina, la Cuneense e la Julia - che proviene da un mese di sanguinosi scontri nella valle della Kalitva - affrontano centinaia e centinaia di chilometri nella neve pur di non arrendersi alle armate sovietiche di Stalin, che dopo aver intrappolato le truppe di Paulus a Stalingrado cercano di completare l'opera con le divisioni tedesche, italiane, romene e ungheresi schierate sul medio Don. A guidare la marcia sulla neve degli alpini, ai quali si è accodata la Vicenza, è soprattutto il desiderio di ritornare a baita: più che l'amor di patria.Li guida la fedeltà ai monti e alle valli da cui provengono. Si cammina, si combatte e si muore a -40°, a -45°, in certe notti a -48°. A volte si arranca per dodici ore nella sterminata steppa di ghiaccio e poi bisogna andare all'arma bianca per conquistare una povera isba in cui ripararsi per qualche ora. Si lavora, dunque, di baionetta e bombe a mano perché mancano l'artiglieria e i carri armati, così come mancano il cibo e gli aerei.
Sono combattimenti disperati nei quali tutti vivi all' assalto diventa il grido di riconoscimento e l'estremo atto di fede nei confronti del commilitone, del compaesano,del conoscente: e allora si pregano Dio e isanti del cuore che l' urina sia sufficiente a scaldare la mitragliatrice, si chiede all' amico del cuore di essere uccisi piuttosto che di cadere vivi nelle mani del nemico. La folle decisione di Mussolini d' inviare un corpo di spedizione in Unione Sovietica sprofonda in sei mesi duecentoventimila famiglie italiane nel buco nero della Storia. Alla fine saranno più di centomila coloro che non faranno ritorno, oltre trentamila colore che ne porteraano un ricordo indelebile nelle carni, e anche chi scamperà ne avrà comunque l' esistenza segnata. Cosi andò sottoterra la migliore gioventù italiana.
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Denunciada
BiblioLorenzoLodi | Mar 11, 2015 |
«Dopo cinquantasette anni ci sono ancora notti in cui mi ritrovo a Cefalonia, in cui rivedo Matteri e Cortesi che non vogliono saperne di togliersi la divisa di ufficiale». Così ricorda uno dei pochi superstiti ancora in vita dell' orrendo massacro perpetrato dalla Wehrmacht contro la divisione Acqui nell'isola di Cefalonia, vicino alla costa occidentale della Grecia, all'indomani dell'armistizio che I'8 settembre 1943 lasciò l'esercito italiano abbandonato a se stesso, in balìa della Storia. Gli ufficiali della Acqui, pur ignorando le dimensioni dello sfascio, percepirono nettamente il senso di abbandono contenuto nel comunicato di Badoglio. Il loro comandante, generale Antonio Gandin, fu in quell'ora il comandante più solo al mondo. Ha l'umanissima debolezza d'inseguire una soluzione che lo soddisfi come uomo e come soldato. Dovendo decidere in un drammatico faccia a faccia con la propria coscienza, purtroppo non decide: « resterà a metà tra il cuore , che gli dice che una divisione non cede le armi , e la ragione, che gli dice che è follia pura andare contro i tedeschi. Rimarrà avviluppato da questa incertezza », consumando una settimana alla disperata ricerca di un compromesso, tra opportunismi e piccole furbizie . Gli Il 700 «figli di mamma» ai suoi ordini , ciascuno con la sua piccola storia, erano contadini, operai, impiegati, professori, ingegneri costretti dalla sorte a trasformarsi in guerrieri per tener fede a un giuramento. Chiamati a dover scegliere tra la vita e l'onore, scelsero l'onore sacrificando la vita e scrivendo probabilmente - come afferma Alfio Caruso, che ha ricostruito la tragica sequenza di quelle giornate con rigore storico e un'appassionata partecipazione personale agli eventi - «la pagina più nobile dell 'e sercito italiano durante la seconda guerra mondiale ». Un privilegio costato 9406 morti: oltre 1300 caddero durante gli accaniti combattimenti che si svilupparono in tutta l'isola, in particolare tra il 15 e il 22 settembre, oltre 5000 vennero passati per le armi o fucilati dopo la resa, altri 3000, fatti prigionieri, scomparvero in mare a bordo di tre navi che urtarono delle mine. In quei giorni dell'ira, i tedeschi disposero a piacimento dell 'esistenza altrui , calpestando ogni codice di comportamento, umano prima ancora che militare: « vivere o morire a Cefalonia diventò un'estrazione alla lotteria della buona e della catt iva sorte». Ancora oggi, quando vedono alzarsi da qualche parte una colonna di fumo, i vecchi dell'isola dicono : «È la divisione Acqui che sale in cielo».… (más)
 
Denunciada
BiblioLorenzoLodi | May 14, 2014 |
In seguito all'armistizio dell'8 Settembre tanti militari italiani impugnano le armi contro i tedeschi.Gran parte di loro sono fascisti,ma nella confusione di quei giorni,con gli alti comandi che si dissolvono questi giovanissimi ragazzi della generazione sfortunata,che hanno già pagato un alto tributo di sangue ad El Alamein e in Russia,abbandonati a loro stessi,tentano coraggiosamente di salvare la loro Italia,nè fascista nè antifascista,nè monarchica nè repubblicana,semplicemente l'Italia.… (más)
 
Denunciada
BiblioLorenzoLodi | May 8, 2012 |

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