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Giuseppe Berto (1914–1978)

Autor de Incubus

40+ Obras 504 Miembros 9 Reseñas 1 Preferidas

Sobre El Autor

Incluye los nombres: Guiseppe Berto, Giuseppe Berto

Obras de Giuseppe Berto

Incubus (1964) — Autor — 148 copias
The Sky Is Red (1947) 74 copias
La gloria (1978) 51 copias
Anonimo veneziano (1979) 46 copias
The Brigand (1951) 40 copias
Antonio in Love (1966) 23 copias
The Works of God (1976) 18 copias
Oh! Serafina (1973) 13 copias
Guerra in camicia nera (1985) 11 copias
La fantarca (2014) 9 copias
E' forse amore 5 copias
Colloqui col cane (1986) 3 copias

Obras relacionadas

The Complete Paintings of Canaletto (1968) — Prólogo — 38 copias
New World Writing: First Mentor Selection (1952) — Contribuidor — 11 copias
Modern Italian Short Stories (1954) — Contribuidor — 6 copias

Etiquetado

Conocimiento común

Fecha de nacimiento
1914-12-27
Fecha de fallecimiento
1978-11-02
Lugar de sepultura
San Nicolò,Ricarsi,Vibo Valentia,Calabria,Italia
Género
male
Nacionalidad
Italy
País (para mapa)
Italy
Lugar de nacimiento
Mogliano, Italy
Lugar de fallecimiento
Rome, Italy
Educación
Laurea in Lettere

Miembros

Reseñas

Il 27 DICEMBRE 1914 nasce Giuseppe Berto Scrittore, drammaturgo e sceneggiatore (1914 - 1978) uno psicoscrittore. «Il male oscuro è la descrizione di una nevrosi d’angoscia e della cura per guarirla e dell’esplorazione nell’inconscio, per mezzo dei sogni e delle associazioni»: così spiega Giuseppe Berto nell’appendice al suo capolavoro. In questo non-romanzo che è al tempo stesso confessione, ricerca, racconto di un’esperienza personale, si trovano tutti gli elementi di una lunga e complessa malattia in cui emergono i fantasmi del passato, il rapporto con il padre, malanni immaginari che paralizzano il corpo, un senso di colpa incessante e il costante pensiero della morte.

Giuseppe Berto scrive il suo capolavoro in due mesi, dopo essersi rifugiato a Ricadi, a Capo Vaticano, il solo luogo in cui trova conforto e riparo. Nasce da un flusso continuo di pensieri, che si susseguono senza pause, senza punti per pagine e pagine ed è come entrare a diretto contatto con la nevrosi: un caso letterario unico, nonostante i precedenti illustri, Gadda e Svevo. Bepi, come veniva chiamato dagli amici, nasce a Mogliano Veneto nel 1914. La sua giovinezza, complice anche la difficile condizione economica della famiglia, la trascorre nell’esercito: parte per la Sicilia e poi volontario per l’Africa, fino al 1943, anno in cui viene fatto prigioniero dagli alleati e condotto in Texas in un campo di concentramento. Nel ’46 rientra in Italia e scrive il suo primo romanzo, Il cielo è rosso, che è un successo internazionale. Ma successivamente, la morte del padre e l’ostilità della critica, che lo stronca e lo snobba, lo portano sull’orlo della sua nevrosi.

Berto passa da una cura all’altra e presta la sua penna al cinema per sbarcare il lunario, finché approda nello studio dello psicanalista Nicola Perrotti, che gli suggerisce di abbandonare ogni cosa e di dedicarsi a una nuova opera letteraria: Il male oscuro sarà figlio di questa analisi. Tra le altre opere, quella più ambiziosa è La gloria, ultimo romanzo di Berto: Giuda Iscariota racconta la storia di Cristo dal suo punto di vista, quello del traditore. Ma è un tradimento d’amore, necessario alla gloria di Dio: accettazione del male, che sembra trovare un senso. Dice Giuda: «Siccome gli uomini sembra non possano fare a meno di crudeltà e ingiustizie, io continuo ad essere la tenebra: colui che tradì, che lo consegnò ai suoi nemici, intorno al quale non si sprecano molte parole». Berto morirà di lì a poco, nel 1978, di cancro, come suo padre. Si consiglia come manuale di formazione agli aspiranti psicoterapeuti.(Almamatto)
… (más)
 
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AntonioGallo | 4 reseñas más. | Dec 26, 2023 |
 
Denunciada
ScarpaOderzo | otra reseña | Apr 13, 2020 |
IL ROMANZO del liceo, quello che tutti leggevano...io ci sono arrivata qualche anno dopo, perché non mi piaceva fare quel che facevano tutti. quando l'ho letto l'ho trovato commovente ma improbabile; passati altri 20 anni capisco un po' di più!
 
Denunciada
ShanaPat | otra reseña | Oct 8, 2017 |
“Nunc dimittis servum tuum domine”

Come da citazione finale del libro, riportata nel titolo, il lungo viaggio di Giuseppe Berto tra le mille e una disperazione arriva alla fine con una rimessa senza condizioni, guarito ormai dal male che lo ha afflitto e lungamente accompagnato.
La soluzione dei suoi problemi, era, come logico che fosse, nel suo cervello, serviva solo trovare la persona giusta che lo costringesse a fare i conti con un passato scomodo da ricordare, che a dirla così, poteva anche sembrare una cosa facile…
E invece facile non lo è stata manco per niente, è stata invece una lettura veramente difficoltosa a causa in primis dello stile di scrittura adottato dall’autore, con scarsa punteggiatura e tirate periodiche da lasciare senza fiato, e poi per la costruzione particolareggiata della sua tragedia personale che, va chiarito subito, è di grande interesse e non scende mai nella pedanteria né fa lo sbaglio di estremizzare il tutto sulla sua persona, ma che comunque rimane dichiaratamente complessa.
Il racconto prende il via da quello che è in realtà la causa di tutto, con la prima parte del libro dedicata, in maniera capillare, all’incredibile odissea nevrotica che accompagna Berto, avvolgendolo con una spirale, lenta ma costante, che tocca il culmine con le sconvolgenti pagine dove ormai sembra che il suo destino di pazzia debba compiersi in maniera inesorabile, e sono queste pagine che lasciano un segno veramente doloroso su tutta la storia. Dall’apoteosi del dolore si passa, nella seconda parte del libro, al ritorno alla vita, con la paziente ricostruzione di un passato che nasconde in se il germe della nevrosi e delle sue fobie.
Lettura faticosa, ma comunque avvincente e finanche, pur nella sua tragicità, con qualche spunto comico. L’interminabile lunghezza dei periodi sembra voluta da Berto per coinvolgere il lettore nel suo dramma, trasportandolo nello stesso vortice che sta ingoiando lui senza dar modo che se ne renda conto; ma è la disperazione che tiene banco in maniera più che efficace nel suo lungo racconto, una disperazione che spesso assume i toni cupi della tragedia davanti a quello che tutti abbiamo paura di affrontare: i piccoli e grandi mostri annidati nella nostra mente, mostri che, Giuseppe Berto, in questo caso, è riuscito a concretizzare e a liberarsene, pur senza parlare di lieto fine visti gli anni sacrificati a questi idoli, oscuri come l’ambiguo male che rappresentano…
… (más)
 
Denunciada
barocco | 4 reseñas más. | May 29, 2017 |

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